La Napoli esoterica
La Napoli esoterica
“Un giorno gli dèi che esercitano il loro dominio sulla terra, saranno restaurati e installati in una città all’estremo confine dell’Egitto, una città che sarà fondata in direzione del sole che tramonta e nella quale accorrerà, per mare e per terra, l’intera razza dei mortali”.
(Asclepius, testo del Corpus Hermeticum)
cimitero delle fontanelle
una antica necropoli pagana dove veniva attuato un sistema di inumazione che ricorda quello della mummificazione. Fino al 1700 le inumazioni erano fatte in nicchie a forma di sedia con sotto un vaso (le «cantarelle») su cui il cadavere veniva deposto seduto, in posizione faraonica, allo scopo di farlo essiccare per colatura (“scolatura”) dei liquidi corporei nel vaso sottostante.
Sarà forse un caso, ma a Napoli esistono oggi ben due chiese dedicate a una santa molto particolare: Santa Maria Egiziaca, una monaca ed eremita egiziana nata ad Alessandria d’Egitto nel 344, la cui storia è particolarmente ricca di elementi simbolici, e che oggi viene venerata come santa dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta. Una di queste è la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella (o chiesa di Santa Maria Egiziaca all’Olmo), chiesa monumentale e gioiello del barocco napoletano, situata a ridosso del quartiere popolare.
L’altra invece si erge sulla collina di Pizzofalcone da cui prende il nome (chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone) ed è una delle chiese basilicali della città.
una antica necropoli pagana dove veniva attuato un sistema di inumazione che ricorda quello della mummificazione. Fino al 1700 le inumazioni erano fatte in nicchie a forma di sedia con sotto un vaso (le «cantarelle») su cui il cadavere veniva deposto seduto, in posizione faraonica, allo scopo di farlo essiccare per colatura (“scolatura”) dei liquidi corporei nel vaso sottostante.
Sarà forse un caso, ma a Napoli esistono oggi ben due chiese dedicate a una santa molto particolare: Santa Maria Egiziaca, una monaca ed eremita egiziana nata ad Alessandria d’Egitto nel 344, la cui storia è particolarmente ricca di elementi simbolici, e che oggi viene venerata come santa dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e da quella copta. Una di queste è la chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella (o chiesa di Santa Maria Egiziaca all’Olmo), chiesa monumentale e gioiello del barocco napoletano, situata a ridosso del quartiere popolare.
L’altra invece si erge sulla collina di Pizzofalcone da cui prende il nome (chiesa di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone) ed è una delle chiese basilicali della città.
Per quanto riguarda in modo più specifico le scienze esoteriche egizie, secondo alcuni studiosi la comunità di egiziani presente a Napoli fin dall’età imperiale portò all’integrazione e alla fusione dei misteri egizi con la spiritualità di un centro di sapienza italica preesistente risalente a Pitagora, portando alla formazione di un ordine esoterico depositario di una tradizione iniziatica egizio-italica. Tale tradizione si sarebbe tramandata grazie all’opera di circoli iniziatici segreti dall’epoca romana attraverso il medioevo e l’età rinascimentale, fino ai giorni nostri, manifestandosi periodicamente in alcune forme esteriori attraverso organizzazioni di adepti come i Rosa+Croce e altre che manifestavano chiari riferimenti alla tradizione e alla simbologia egizia nei propri rituali e miti di origine. Pur non potendo provare storicamente la veridicità di queste teorie, non si può però escludere a priori che qualcosa di vero possa esserci.
Secondo lo scrittore e regista Mariano Iodice, a Napoli ci sarebbe un vero e proprio triangolo magico ai cui vertici sono ubicati tre importanti siti: Piazzetta Nilo, di cui abbiamo detto sopra, la Basilica di San Domenico e Palazzo di Sangro. I tre edifici, oltre ad essere collegati da corridoi sotterranei, farebbero parte di un triangolo esoterico collegato da un particolare centro di forze. In effetti i tre siti qualcosa in comune ce l’hanno di sicuro: rimandano tutti in un certo modo all’Egitto.
Dei legami tra Piazzetta Nilo e la terra dei faraoni già si è detto. Nel Convento di San Domenico, invece, il domenicano Giordano Bruno (1548-1600) studiò dal 1562 al 1565 e quivi prese i voti. Bruno, come è noto, fu condannato a morte per eresia dalla Chiesa perché, tra le altre cose, sosteneva che la religione cristiana fosse diretta emanazione di quella egizia; mentre Il Palazzo di Sangro (nei pressi del quale si trova la Cappella Sansevero, in cui è custodita la misteriosa statua del Cristo Velato) apparteneva invece a Raimondo di Sangro, VII Principe di Sansevero (1710-1771), alchimista, massone e studioso – guarda caso- di esoterismo egiziano. Inoltre, a Napoli, tra il 1773 e il 1776 prese dimora anche Giuseppe Balsamo (1743-1795), “Conte di Cagliostro”, le cui teorie e pratiche iniziatiche si ispiravano tutte all’Egitto. Cagliostro fu il creatore in Francia di una “Massoneria di Rito Egizio” dopo essere stato discepolo di un “Filosofo Napoletano”, con molta probabilità il cavaliere Luigi d’Aquino, illustre massone, membro della Loggia della Perfetta Unione e discepolo prediletto del principe di Sangro. Si può affermare, quindi, che la Massoneria di Rito Egizio del Gran Cofto, che a Napoli si faceva chiamare: “Marchese Pellegrini” (e che si riteneva detentore del “segreto delle piramidi”), traeva le proprie origini dalla città di Napoli e da un gruppo di iniziati che vivevano nel capoluogo campano dove, secondo alcuni, esisteva già da secoli un centro iniziatico di origine egizia risalente agli alessandrini adoratori della dea Iside. La capitale del Regno delle due Sicilie sarebbe quindi la culla della tradizione esoterica occidentale derivante dall’Egitto, e di quella parte della Massoneria che si rifà ad essa. Questo centro iniziatico egizio, depositario di una conoscenza occulta, legherebbe insieme figure di grandi esoteristi quali Giordano Bruno, il principe Raimondo di Sangro, il Conte di Cagliostro e altri.
Tra le associazioni iniziatiche napoletane vanno ricordate il Rito di Misraïm e l’Ordine Osirideo Egizio, con la sua emanazione esterna più recente: la Fratellanza Magico Terapeutica di Miriam, scuola filosofico-ermetica classica italica, fondata da Giuliano Kremmerz, al secolo Ciro Formisano (1861-1930). Kremmerz, il quale definisce Napoli un “secondo Egitto” , narra dell’arrivo delle dottrine segrete egiziane in Campania attraverso la storia di Mamor Rosar Amru, ultimo dei Pontefici di Iside, che giunse a Pompei per rifondare sulla costa campana i riti isiaci .
Ma procediamo con ordine.
I legami tra il filosofo nolano Giordano Bruno, martire del libero pensiero, e la sapienza egizia sono molto profondi . Giordano Bruno sosteneva che la religione magica egiziana fosse l’unica vera religione e la più antica del mondo, e che la causa della sua corruzione e declino sarebbe da attribuire al Cristianesimo e al Giudaismo. Secondo il nolano, perché si placassero le controversie religiose in Europa, bisognava ritornare all’ermetismo magico della tradizione egiziana che egli considerava la religione dell’Intelletto e della mente conseguita superando il culto del sole visibile. Molte delle sue opere sono ricche di riferimenti a questa religione magica e, in esse, si attacca il Cristianesimo, causa della sua soppressione. Nello Spaccio della bestia trionfante (1584), ad esempio, Bruno glorifica la religione magica degli egizi in quanto, tale fede, era per il filosofo, il culto di Dio nelle cose, migliore di qualsiasi altra religione perché più tollerante e ragionevole. In questa opera Bruno aspira ad una riforma morale e religiosa della società. Il filosofo napoletano, influenzato dalla lettura del Corpus Hermeticum, aderì in pieno all’egizianismo ermetico che altro non era se non l’egizianismo interpretato dai neoplatonici della tarda antichità e profetizzò un ritorno alla tradizione egiziana, l’unica capace di offrire una soluzione alla controversie religiose, consistente in una riforma morale e nella costruzione di un’etica di utilità sociale. Anche nelle sue opere: De gli eroici furori e Spaccio della bestia trionfante è presente la religione egiziana come l’unica, secondo il filosofo, capace di contemplare il divino in tutte le cose.
Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, è stato un letterato, scienziato, uomo d’armi e primo Gran Maestro della Massoneria napoletana, tra i personaggi più interessanti dell’Illuminismo partenopeo. Di Sangro si dedicò nei laboratori del suo palazzo a opere di alchimia operativa e a sperimentazioni scientifiche e artistiche di ogni tipo con risultati strabilianti per l’epoca che gli diedero presto la fama di uomo di genio. La sua concezione della conoscenza fu prevalentemente esoterica e molti dei suoi segreti ancora avvolti nel mistero. Una prova per tutte del suo genio e della sua cultura è la Cappella di Sansevero, meraviglia artistica assoluta, con la sua complessa simbologia esoterica. Raimondo di Sangro è stato un epigono della tradizione alchemica e, secondo molti, un “grande iniziato”. Così è scritto sulla sua lapide: “Uomo straordinario predisposto a tutte le cose che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura”. Il nome di Raimondo di Sangro è inoltre legato indissolubilmente alla nascita e allo sviluppo della Massoneria napoletana, anch’essa connessa con una presunta antica sapienza degli antichi egizi. Questo legame tra Massoneria ed Egitto, pur non essendo provabile storicamente, appare in realtà molto forte e caratterizza l’Istituzione massonica (o almeno una parte importante di essa) fin dalle sue origini speculative agli inizi del XVIII secolo.
Data convenzionale della nascita della Massoneria napoletana è il 1728, anno di fondazione della Loggia La Perfetta Unione così come si evince da un sigillo (ritrovato nel 1930) di forma rotonda che reca nel centro una piramide egizia e una sfinge, insieme ad altri elementi e una scritta . Su questo sigillo c’è il primo richiamo all’Egitto –per quanto riguarda la massoneria napoletana come fonte di sapere iniziatico.
Il sigillo appartenne per un certo periodo al di Sangro che divenne, con molta probabilità, Maestro Venerabile della Loggia napoletana Perfetta Unione nel 1744. Legata alla figura del di Sangro, c’è quella del cavalier Luigi D’Aquino che, come abbiamo detto, fu con molta probabilità maestro e ispiratore di Giuseppe Balsamo “Conte di Cagliostro”.
A riprova del legame “egizio” che unisce D’Aquino e Cagliostro sta il fatto che negli anni ’60 del Settecento, (secondo alcuni) il cavalier D’Aquino introdusse nel Corpus dottrinario della Loggia dei Di Sangro un’operatività segreta che si riteneva derivasse dall’antica sapienza sacerdotale egizia e caldea, e che apprese a Malta, dove fu iniziato in seno a qualche associazione esoterica. È possibile, però, che tale ritualità e simboli egizi fossero già da molto tempo presenti in alcune logge napoletane. Probabilmente Cagliostro prese i suoi rituali egizi proprio dalla Loggia dei Di Sangro al fine di creare la sua Massoneria di Rito Egizio (Misraïm) dopo essere stato iniziato a tali segreti dal D’Aquino a Napoli intorno al 1776.
Tra il 1810 e il 1813, i fratelli Bédarride, furono iniziati a Napoli dall’Ordine di Misraïm e, in seguito, trapiantarono tale rito in Francia, ufficializzandolo a Parigi nel 1814. Pur non potendo provare con certezza storica la filiazione diretta tra Cagliostro e le logge egizie Misraïm presenti nell’Italia meridionale, è tuttavia probabile che una connessione diretta vi sia stata.
Secondo Marcello Vicchio il Rito Egizio era composto da 90 gradi, più quattro ultimi che ricevettero il nome di Arcana Arcanorum o Scala di Napoli. Questi gradi, altamente iniziatici, trarrebbero origine da una conoscenza segreta di origine egiziana e sarebbero, stando a quanto diceva Cagliostro, la chiave per la costruzione di un “corpo di gloria” che permetterebbe, grazie a pratiche di alchimia interna, di raggiungere l’immortalità. Nella Loggia napoletana della famiglia Di Sangro si praticava dunque un Rito Egizio e, nel corso degli anni, fecero probabilmente parte di questa Officina massonica anche personalità importanti come Gaetano Filangieri e Mario Pagano, ispiratori della Repubblica napoletana del 1799. Dagli ambienti vicini al Principe di Sansevero, cuore dell’”Egitto napoletano” si originarono dunque sia il Rito di Misraïm, sia l’Ordine Osirideo Egizio.
Ufficialmente il Rito di Misraïm fu fondato a Venezia nel 1801 dal Filalete Abraham, ma sulle vere origini di questo ci sono molti dubbi. Più logico è credere, come del resto molti studiosi credono, e alla luce di quanto detto sopra, che il Rito abbia avuto origine, o almeno una prima diffusione se si accettano le origini orientali, nell’Italia Meridionale e nello specifico a Napoli intorno al 1774 attraverso personalità vicine al Principe di Sansevero che, iniziati a Malta, portarono nella città le conoscenze iniziatiche relative ad esso. Proprio a Napoli si costituì infatti un Supremo Consiglio dei Grandi Ministri che costituirono a loro volta un Ordine Muratorio Egizio che diffuse probabilmente il Rito nel resto dell’Italia e in Francia.
Forme di riti legati in qualche modo all’Egitto e all’ermetismo erano presenti non solo a Napoli, ma in molte altre città del Mediterraneo, principalmente portuali, legate insieme da una specie di trama occulta. Oltre alla Massoneria Egizia operò dunque a Napoli un’altro Ordine iniziatico che si rifaceva alle dottrine esoteriche egiziane: il suddetto Ordine Osirideo Egizio (comunque legato alla Massoneria), di cui è difficile ricostruire le origini, ma che secondo alcuni risalirebbe alla colonia egizia che si era stabilita a Napoli nel II secolo nella zona dell’attuale Piazzetta Nilo che fuse le sue conoscenze con la tradizione iniziatica pitagorica italica già presente a Napoli. In tempi più moderni lo sviluppo dell’Ordine Osirideo sarebbe dovuto a Domenico Bocchini, iniziato al Rito Egiziano di Cagliostro. Discepoli del Bocchini come Giustiniano Lebano e Pasquale De Servis furono i rinnovatori di questo Ordine Osirideo Egizio o Grande Oriente Egizio, nel quale si distinguono due Riti: il Rito Egiziano Antico e il Rito Egiziano massonico modificato.
Giustiniano Lebano (1832-1909) fu un continuatore, nella seconda meta del XIX sec., di questo filone ermetico napoletano che prende nuova forma nell’Ordine Osirideo Egizio. Il Lebano era figlio di Filippo dei marchesi di Sessa Cilento, un giurista che aveva partecipato ai moti cilentani del 1828. Viaggiò molto sia in Italia che all’estero, fu iniziato alla Massoneria ed ebbe rapporti diretti in Francia con l’occultista Eliphas Lévi e con lo scrittore Alexandre Dumas con il quale frequentò a Palermo un loggia memphitica. Ricostituì a Napoli l’Ordine Osirideo Egizio e prese il nome iniziatico di Sairitis-Hus. A questo Ordine aderirono importanti personalità politiche del tempo e membri di spicco della classe dirigente dello Stato unitario. Secondo Gian Mario Cazzaniga, inoltre:
“Alla presenza di filoni ermetici ed egizi nella cultura napoletana, non solo facenti capo a Misraïm, va collegata la crescita di logge memphitiche italiane al Cairo e ad Alessandria d’Egitto, a partire dagli anni cinquanta, logge che con Napoli, Palermo e Livorno avranno numerosi rapporti. In Egitto si arriverà alla costituzione di un Santuario di Memphis, Grande Oriente Nazionale d’Egitto (…). Si tratta d’un’obbedienza che avrà una forte influenza su ufficiali dell’esercito e su settori riformatori della corte, influenza che verrà meno solo agli inizi del Novecento con l’affermarsi dell’egemonia inglese.
L’Ordine Osirideo Egizio, tramite l’iniziato Giuliano Kremmerz, o Kremm-erz, (Ciro Formisano), appartenente a questo e affiliato al Rito Egiziano Antico, avrebbe dato origine alla più recente manifestazione di questa antica tradizione iniziatica: la Fratellanza Terapeutica di Miriam (o Schola Philosophica Hermetica Classica Italica) un associazione tutt’ora esistente di origine egizio-pitagorica.
Kremmerz fondò la Fratellanza (o Fraternità) Terapeutica Magica di Miriam (o Myriam) nel 1896, ma questa uscì allo scoperto solo nel dicembre del 1898 attraverso una circolare nella quale si dichiarava di voler restaurare una “Fratellanza spiritualista magica (…) ad esempio delle antichissime sacerdotali isiache egiziane, di cui più recente e nota imitazione è la Rosa+Croce”. La Fratellanza si occupa di medicina ermetica e di terapeutica magica. “Miriam” equivale a Maria e quindi alla dea Iside, sia intesa come anima umana che concepisce il Verbo divino, sia come la “Minerva medica” che guarisce. La Fraternità di Miriam nasceva quindi sotto la protezione di un Grande Oriente Egiziano, emanazione di quell’ Ordine Egizio che continuava la tradizione di magia egizia napoletana di cui il Lebano era stato uno degli esponenti principali.
Scopi dichiarati della scuola sono:
I. Lo studio delle scienze che si occupano dei poteri non ancora ben conosciuti dell’organismo umano, animismo, attività mentale, chiaroveggenza, previsione, telepatia e tutti i fenomeni supernormali e spirituali.
II. L’investigazione sui documenti classici, opere, memorie, scienze alchimiche e magiche, religioni, riti, tradizioni popolari, mitologie delle verità occultate dagli antichi o per ostruzionismo religioso o per regola settaria.
III. L’affratellamento di tutti gli studiosi di buona volontà e l’allenamento alle pratiche per
conquistare possibili attività dell’organismo mentale e psicofisico tali da spiegare col proprio controllo gli effetti e i fenomeni non comuni.
IV. L’applicazione di queste forze alla medicina, alla terapeutica e alla psicurgia e taumaturgia.
Un’altra prova, questa volta molto più tangibile, del profondo legame visibile e invisibile che unisce il capoluogo campano con l’antica sapienza egizia e con l’Egitto in generale ancora oggi, è la splendida “Collezione Egizia” del Museo archeologico nazionale di Napoli (MANN), considerato tra i più importanti musei archeologici al mondo per quanto riguarda la storia di epoca romana. La collezione egizia qui conservata è per importanza la seconda in Italia dopo quella del Museo Egizio di Torino, e la prima per quanto riguarda invece l’antichità. La collezione è composta da materiali e reperti acquistati da privati nei primi decenni dell’Ottocento e da scavi di epoca borbonica nell’area vesuviana e flegrea. Di grande importanza sono le opere appartenenti alla Collezione Borgia messa insieme nella seconda metà del XVIII secolo dal Cardinale Stefano Borgia che riuscì, grazie al favore di missionari, a mettere insieme un gran numero di oggetti provenienti dall’Egitto, oltre a molti manoscritti copti. Questa collezione testimonia l’interesse europeo per l’antico Egitto in un periodo anteriore alla spedizione napoleonica che farà scoppiare la moda per la “Terra dei faraoni”. La collezione egizia di Napoli, con la varietà dei suoi reperti, offre numerose testimonianze della civiltà egiziana dall’Antico Regno fino all’età tolemaico-romana
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